Lunghezza:
130 Km
Difficoltà: alta
Durata: 6 ore
Difficoltà: alta
Durata: 6 ore
Non è il caso di partire tardi per
la scalata alle tre perle
dell'Appennino romagnolo.
Già attraversando la Statale Adriatica
vi accorgerete che c'è qualche cosa di strano nell'aria.
Girando al primo bivio a sinistra per via Cervara
ecco subito il clima giusto per la concentrazione.
Prendendo a destra per Beneficio 1° Tronco si respira
già la brezza che viene da quei monti di fatica. Meglio
prenderla con calma in queste curve a gomito che
attraversano le frazioni di Pisignano, Cannuzzo e Matellica.
La gimkana continua dopo il ponte sul Savio: girate a sinistra
per Mensa e ancora a sinistra nella curva successiva.
La prossima è a destra, dopodiché un cavalcavia immette
sul Dismano, al cui incrocio a sinistra e subito dopo a destra
si annuncia Santa Maria Nuova.
Poi si passa ancora un cavalcavia e qualcuno scalpita.
L'incrocio con la via Emilia per fortuna è "semaforico
anche per le bici. Sempre diritto inizia il centro
della Panighina e qui s'inarca una piccola salita.
A destra per Madonna del Lago si prepara la discesa che
sfreccia sulla chiesa. Subito a sinistra c'è via Ponara,
trasversale che muore nella strada che sale in tiepide cadenze
verso Bertinoro. Solo un po' di 39 e spiana, poi a destra il
cartello "Fratta Terme" apre un varco alla discesa.
Due tornanti secchi e spigolosi, poi sempre diritto nell'ultimo
strappo che fa venire il cuore in gola: a sinistra parte la piana
per la cittadina termale.
Giunti nel centro, via Meldola è a destra:
per 5 chilometri sono saliscendi senza allentare troppo la catena.
Al ponte veneziano ci sono le indicazioni per BorelloPieve
di Rivoschio sulla sinistra. Sale da vertigine il primo tratto e
graffia subito: in un battibaleno però arriva la discesa che porta
ad un laghetto sulla destra. A sinistra la deviazione per
Teodorano serve a ricordare altre imprese. Poi il cartello di
Valdinoce, sempre diritto quindi a Pian di Spino con qualche
prova sul 39, caso mai facesse i capricci. Cambia il paesaggio
e dopo 5 chilometri di falsopiano ecco finalmente accendersi,
a sinistra, i 6 chilometri della rampa di Pieve di Rivoschio.
Quei tornanti, piegati sul manubrio, fanno venire subito pensieri
strani: quando finirà? C'è poi quel tratto che inasprisce proprio
vicino all'abetaia, e allora si cerca il dente che non c'è,
ma per fortuna arriva il crinale che vi fa sentire padroni
dei calanchi. Sarebbe bello fosse finita, ma il muretto d'asfalto
un po' scrostato fa da baluardo al borgo. Prendete a sinistra
se volete ritornare subito, a destra per fare una visita al paese.
La discesa verso San Romano scivola via "curvosa" e ci si mette
pure il fondo a sbalzare i tubolari. Attenti a destra però,
c'è la fontana che si offre quando meno te lo aspetti.
Giunti a fondovalle, avanti a destra per Linaro Ranchio
e dopo 2 chilometri la strada a sinistra per Ciola. Col 39x23
si sferraglia all'insù, dove inizia il caseggiato di Linaro.
Non dà tregua quest'asfalto che abbraccia la montagna
come se la volesse strozzare: non finisce mai, ma non pensate
di riposare nella discesa che sposa Mercato Saraceno.
Piazza Mazzini ed il ponte sul fiume Savio immettono nella
San Marino Perticara. Sono quasi sei chilometri di lacrime
e sangue, con una pendenza che giunge in progressione fino
al 18 per cento, ma se proprio cedessero le gambe chi ha
detto di non scendere? E' una strada comunque mangia
muscoli ed ogni tornante pende sempre più: dopo l'ultimo
dente si fa dura, ma poi la cima arriva quasi insperata, e si è lì,
come chi ha compiuto un'impresa e non vede l'ora di raccontarla.
L'obiettivo però è ritornare a casa, e allora a sinistra per
Rontagnano c'è proprio quella strada che fa un po' respirare.
Proseguendo per Sogliano al Rubicone, dopo circa un chilometro inizia
la ripida discesa del passo delle Croci, poi la salita mantiene
il 10% e finalmente si guadagna il paese del formaggio di fossa.
Là c'è il cartello per Borghi, che fa pensare di essere sulla
strada del ritorno. La discesa, offre alcuni cambi dirompenti
ed un paesaggio di colline brulle e orizzonti ormai perduti.
I tornanti però consigliano lo sguardo fisso sull'asfalto.
In direzione Savignano si incrocia poi la via Emilia,
per proseguire attraverso Gatteo, Sant' Angelo, Sala,
Villalta e Montaletto. Una volta giunti a Montaletto,
c'è il sollievo di vedere a sinistra la scritta Villa Inferno.
Cervia è vicina, e dopo il Barbotto forse
vale la pena di riposare un po'.