Quando, intorno al 1570 Lugo, venne demolita per ordine
di Alfonso II d’Este, ultimo Duca di Ferrara, la cittadella,
che rappresentava il centro fortificato e murato della Lugo
medievale, per seguire i più recenti dettami dell’ingegneria
militare , consentendo alle famose artiglierie estensi di
dominare le strade di accesso alla Rocca dai quattro
punti cardinali, davanti all’edificio rimase un enorme prato
solcato da sentieri e delimitato da due fosse d’acqua:
uno ai piedi della Rocca stessa e l’altra che si stendeva
lungo lo spazio occupato dall’attuale piazza Trisi.
Su quel prato Alfonso II d’Este ordinò di costruire,
con materiali di risulta provenienti dall’abbattuta cittadella,
“una loggia di 200 e più piedi di lunghezza e di 40 nella larghezza”,
come cita lo storico lughese F. Girolamo Bonoli,.
La struttura porticata doveva consentire il ricovero delle
milizie e dei cavalli, il passaggio coperto dalla Rocca all’ingresso
secondario della chiesa del Carmine, nonché il riparo ai mercanti
durante l’occasione del mercato settimanale e della Fiera annuale.
Alle spese per erigerlo concorsero anche,
poiché doveva servire “per ingrandire il mercato”,
altre comunità della Romandiola estense.
Negli ultimi anni della dominazione dei duchi di Ferrara,
con la demolizione della cittadella e poi con la costruzione
del loggiato, la funzione commerciale di Lugo finiva dunque
con il prevalere in larga misura su quella militare.
Il commercio della seta a Lugo ebbe un incremento notevole
nel Sei e Settecento; già con gli Estensi il mercato serico di
Lugo godeva dell’esenzione da dazi e gabelle, ossia di un
privilegio determinante per incentivare l’afflusso dei mercanti
anche da paesi lontani.
Tale privilegio fu a varie riprese
riconfermato e ampliato durante due secoli di governo pontificio,
in primo luogo da papa Clemente VIII nella
“Bolla del Buon Governo” emanata nel 1598,
quando lo Stato estense entrò a far parte di
quello della Chiesa. Nel 1611 alla primitiva
loggia venne aggiunto un braccio verso levante e nel 1771,
come scriveva lo storico fusignanese Antonio Soriani,
ne fu fabbricato un altro verso ovest.
Sullo stesso prato della Rocca si decise di trasferire
la fiera che annualmente aveva luogo presso il
Santuario della Beata Vergine del Molino,
dopo che nel 1618 un incendio terribile ebbe
devastato in lungo ed in largo i banchi delle merci
che si ammassavano a ridosso del santuario.
Il prato divenne il Prato della Fiera,
ormai divenuta una delle più importanti dello
Stato Pontificio, seconda solo a quella di Senigallia.
Come nasce il nome del Pavaglione
Oltre che per la fiera annuale di settembre,
il piazzale veniva usato ogni mercoledì per
il mercato, particolarmente per quello dei bachi
da seta e dato che, per la delicatezza della merce,
era necessario coprire con un telone lo spazio
occupato dai commercianti, il luogo venne indicato
come “Padiglione de’ follicelli da seta”,
poi gradatamente, con un evidente francesismo,
“paviglione” ed infine “Pavaglione”.
Ma, poiché l’afflusso dei commercianti aumentava
ogni anno rendendo sempre più insufficiente e precarie
le attrezzature in tela e legno che il Comune metteva a
disposizione, nel 1780 la magistratura lughese trattò
l’ipotesi di costruirne di nuove e di realizzare anche un
secondo loggiato in muratura, uno “steccato della fiera”,
che servisse come riparo per i commerci delle canape,
del fieno, dei bachi da seta ed altro.
Il progetto fu predisposto da Antonio Manzieri,
pubblico perito della Comunità, ed approvato dal
Cardinal Legato di Ferrara Francesco Carafa nell’ottobre
di quell’anno. Una variante proposta dal capomastro
Pier Antonio Petrocchi, e mai realizzata, prevedeva per
il lato di ponente, opposto al Pavaglione vecchio,
un doppio porticato con andamento non lineare,
secondo i tre lati di un trapezio. I lavori, appaltati al
capomastro Francesco Giorgi, ebbero avvio nel
marzo 1781, dopo che il Cardinal Legato ebbe autorizzato
la realizzazione del progetto Petrocchi, e vennero diretti
inizialmente dal Petrocchi
stesso e dal Manzieri.
Il Palio della Caveja nel Pavaglione di Lugo |
Ad appena due mesi di distanza tuttavia,
il 19 maggio di quello stesso anno, il Cardinal Legato Carafa
presentò al “Pubblico” di Lugo di Romagna
l’architetto Giuseppe Campana,
molto attivo a Ferrara, che subentrò al
Manzieri ed al Petrocchi nella direzione dei lavori.
Il grandioso quadriportico ideato dal Campana,
portato ad uniformità ed integrato con solidi elementi
architettonici, comprendeva anche i quartieri per il corpo
di guardia, come era stato commissionato dal Carafa.
Prevedeva altresì una cisterna da porre al centro della
piazza come elemento decorativo ed al tempo stesso
funzionale: un modo per procurarsi acqua comodo per
i mercanti in tempo di fiera e sempre utile per gli abitanti
della città.
Oggetto di numerose varianti già decise in corso
d’opera, al quadriportico non si domandarono più solo
arcate libere nelle quali inserire le botteghe provvisorie in
legno, ma si pretesero arcate tamponate in muratura per
ricavare a piano terra piccoli locali adibiti al commercio
(“bottega stabile”) sui quali, al primo piano, era ottenuto
un vano ad uso del negozio (“stanza della bottega”.
Era un’evoluzione importante per la futura funzione
della fabbrica, che da luogo di semplice riparo per i
banchi delle merci diveniva sede stabile di botteghe
che la Comunità avrebbe concesso annualmente in
affitto ai commercianti. L’edificio, praticamente ultimato,
venne inaugurato nel 1783, in tempo utile per la stagione
di fiera, come ricorda la lapide posta sul lato occidentale.
Nel 1784, gli ultimi lavori, che consistevano nella
sistemazione della piazza centrale e nella sua selciatura,
vennero interrotti appena iniziati per un ricorso che gli
ecclesiastici ed i possidenti lughesi inviarono direttamente
alla Sede Apostolica, stanchi di contribuire con proprie
risorse al compimento della fabbrica.
Fin dai primi decenni del secolo XIX si presentò il problema
di una nuova sistemazione del Pavaglione vecchio. Si dovette
attendere tuttavia il 1876 perché venisse avviato il rifacimento
del vecchio loggiato del Pavaglione: l’avancorpo, noto come
“il vecchio arco verso la chiesa del Carmine”, fu demolito
quando rilevanti opere di ristrutturazione, dirette dall’ing.
Giacomo Montanari, interessarono l’edificio. Si provvide
non solo all’abbattimento dell’antico portico,
ma per tre anni si intervenne ad ogni livello: sull’area
precedentemente occupata dal Pavaglione vecchio
(a levante) venne eretto un doppio portico conforme
al lato di ponente; venne atterrato il “quartiere”
del lato nord; venne raddoppiata la profondità del
corpo di fabbrica; furono rinnovate la pavimentazione,
in sasso rosso di Verona, e le decorazioni;
si modificarono le aperture delle botteghe;
vennero eseguiti lavori per incrementare l’illuminazione
artificiale, e sul piazzale interno si corredò ogni fornice
dei medesimi ed adeguati tendali. Nel dicembre 1877
venne collocato nel nuovo braccio un orologio “
a luce trasparente durante la notte”.
Dal 1879 un’altra lapide, posta sul frontone
orientale insieme con l’orologio, ricordava
il completamento dell’opera.
Presto la fabbrica della Fiera rovinò nell’inerzia e per
rivitalizzarla e per preservarne lo spazio centrale dai
ripetuti usi aberranti (anche gare ippiche fino al 1869,
data in cui venne inaugurato l’Ippodromo), si pervenne
alla deliberazione di collocarvi una fontana pubblica.
Ma ben presto, dopo inutili trivellazioni, ci si arrese
alla impossibilità di costruire la fontana del Pavaglione.
Nel 1884 fu demolito un edificio che addossandosi al
quadriportico ne ostacolava un possibile nuovo ultimo
ingresso, posto dinanzi alla chiesa di S.Onofrio.
Fu questo il primo atto che avrebbe portato nel tempo
alla demolizione di tutta l’edilizia di base che aderiva al
complesso e che avrebbe reso il quadriportico isolato
organismo architettonico, con al proprio interno il
giardino della città.
Al centro del Giardino del Pavaglione fu eretto nel 1910
un obelisco, semplice monumento in cemento circondato
da una aiuola di sempreverdi racchiusa da una cancellata
di ferro, dedicato “A Mazzini e Garibaldi”.
Un’occasione
indolore per demolire l’indesiderato monumento alla
democrazia venne data all’amministrazione fascista nel
1937 dall’opportunità di far venire a Lugo il
Carro dei Tespi con le proprie rappresentazioni;
era una forma di organizzazione di spettacoli lirici di
buon livello che venivano portati d’estate
in varie piazze italiane.
Appena qualche anno più tardi, durante il secondo
conflitto mondiale, la “fabbrica della Fiera”
sarebbe tornata al pristino esercizio dell’essere
dimora per l’acquartieramento delle truppe tedesche,
con gravi danni al lato prospiciente il Teatro causati
da un incendio ed anche dal lato che fronteggia la Rocca,
che venne devastato dai bombardamenti.
Nel 1957, l’edificio del Pavaglione, dopo accese ed
appassionate discussioni in Consiglio Comunale,
durante le quali venne presa in considerazione
anche la proposta di abbattimento dell’intero
braccio di fronte alla Rocca, che aveva subito le
demolizioni più gravi, venne saggiamente ricostruito,
riparato ed anche ampliato nei due lati lunghi a nord
ed a sud, creando ambienti per uffici ed aumentando
la superficie di molti negozi.
Il grande edificio rettangolare venne poi isolato dopo
l’abbattimento dei vecchi edifici
(tra i quali l’unico albergo della città,
il rinomato “S.Marco”)
addossati al lato sud-est, permettendo l’apertura
del Largo della Repubblica, che mette direttamente
in collegamento la Piazza della rocca con la via
Baracca. Su questo lato, chiamato ormai dai lughesi
“il quarto lato”, venne costruita una facciata esterna
che consentì l’allestimento di vari uffici e soprattutto
di un Auditorium comunale, del quale si avvertiva
la necessità. Le linee architettoniche di questo
“quarto lato” suscitarono molte discussioni e critiche
che furono parzialmente fronteggiate dai creatori con
l’esigenza di armonizzarsi col prospiciente fabbricato
della Cassa di Risparmio, che si stava completando
in quello stesso periodo.
Dal 1981, l’Amministrazione Comunale ha dato mano
ad un ampio lavoro di risanamento e rafforzamento
delle strutture.
FONTE: Tratto dal Comune di Lugo e Proloco