La poesia di Giovanni Pascoli è caratterizzata da una metrica formale con endecasillabi
sonetti e terzine coordinati con grande semplicità. Nonostante la classicità della
forma esterna, Pascoli ha saputo rinnovare la poesia nei suoi contenuti, toccando
temi fino ad allora trascurati dai grandi poeti, capace di far capire nella sua
prosa il piacere delle cose più semplici viste con la sensibilità infantile che
ogni uomo porta dentro di sé. Giovanni Pascoli è sempre stato nella vita un personaggio malinconico,
rassegnato alle sofferenze della vita e alle ingiustizie della società,
convinto che la società che predominava in quel periodo fosse troppo forte
per essere vinta. Nonostante ciò seppe conservare un senso profondo di umanità
e di fratellanza.
Giovanni Pascoli nacque il 31 dicembre 1855 a San Mauro (provincia di Forlì-Cesena), quarto di dieci fratelli.
San Mauro è oggi comunemente chiamato San Mauro Pascoli.
Il padre Ruggero era amministratore della tenuta La Torre dei principi di Torlonia.
L'ambiente famigliare, di tipo patriarcale e tradizionalmente legato ai valori
della cultura agreste, gli garantì fino all'età di dodici anni serenità e sicurezza:
poté così frequentare il liceo Raffaello di Urbino, assai rinomato negli stati pontifici
e nella vicina Romagna, regione di antiche tradizioni umanistiche.
La fase cruciale della formazione letteraria di Pascoli va fatta risalire ai nove anni trascorsi a Bologna come studente alla Facoltà di Lettere (1873 - 1882). Allievo di Carducci, Pascoli visse nella cerchia ristretta dell'ambiente creatosi attorno al grande poeta gli anni più movimentati della sua vita. Qui, protetto comunque dalla naturale dipendenza tra maestro e allievo, Pascoli non ebbe bisogno di alzare barriere nei confronti della realtà, dovendo limitarsi a seguire gli indirizzi e i modelli del suo corso di studi: i classici, la filologia, la letteratura italiana. Nel '75 perse la borsa di studio e con essa l'unico mezzo di sostentamento su cui poteva contare.
La frustrazione e i disagi materiali lo spinsero verso il movimento socialista in quella che fu l'unica breve parentesi politica della sua vita. Nel 1879 venne arrestato e assolto dopo tre mesi di carcere; l'ulteriore senso di ingiustizia e la delusione lo riportarono nell'alveo d'ordine del maestro Carducci e al compimento degli studi con una tesi sul poeta Poesia greca Alceo.
Uno dei tratti salienti per i quali Pascoli è passato alla storia della letteratura è la cosiddetta poetica del fanciullino, da egli stesso così bene esplicitata appunto nello scritto omonimo apparso sulla rivista " Il Marzocco " nel 1897. In tale scritto, Giovanni Pascoli dà una definizione assolutamente compiuta - almeno secondo il suo punto di vista - della poesia, vista come la perenne capacità di stupirsi tipica del mondo infantile, in una disposizione irrazionale che permane nell'uomo anche quando questi si è ormai allontanato, almeno cronologicamente, dall'infanzia propriamente intesa.
Poesia quindi non come ragione o, peggio, come semplice logos, ma come possibilità di attribuire significati alle cose che ci circondano, viste da un punto di vista assolutamente soggettivo. Pascoli fu anche commentatore e critico dell'opera di Dante e diresse inoltre la collana editoriale "Biblioteca dei popoli". Nel 1912 muore a causa di un cancro all'addome a Bologna e viene sepolto nel cimitero di Castelvecchio di Barga.
La fase cruciale della formazione letteraria di Pascoli va fatta risalire ai nove anni trascorsi a Bologna come studente alla Facoltà di Lettere (1873 - 1882). Allievo di Carducci, Pascoli visse nella cerchia ristretta dell'ambiente creatosi attorno al grande poeta gli anni più movimentati della sua vita. Qui, protetto comunque dalla naturale dipendenza tra maestro e allievo, Pascoli non ebbe bisogno di alzare barriere nei confronti della realtà, dovendo limitarsi a seguire gli indirizzi e i modelli del suo corso di studi: i classici, la filologia, la letteratura italiana. Nel '75 perse la borsa di studio e con essa l'unico mezzo di sostentamento su cui poteva contare.
La frustrazione e i disagi materiali lo spinsero verso il movimento socialista in quella che fu l'unica breve parentesi politica della sua vita. Nel 1879 venne arrestato e assolto dopo tre mesi di carcere; l'ulteriore senso di ingiustizia e la delusione lo riportarono nell'alveo d'ordine del maestro Carducci e al compimento degli studi con una tesi sul poeta Poesia greca Alceo.
Uno dei tratti salienti per i quali Pascoli è passato alla storia della letteratura è la cosiddetta poetica del fanciullino, da egli stesso così bene esplicitata appunto nello scritto omonimo apparso sulla rivista " Il Marzocco " nel 1897. In tale scritto, Giovanni Pascoli dà una definizione assolutamente compiuta - almeno secondo il suo punto di vista - della poesia, vista come la perenne capacità di stupirsi tipica del mondo infantile, in una disposizione irrazionale che permane nell'uomo anche quando questi si è ormai allontanato, almeno cronologicamente, dall'infanzia propriamente intesa.
Poesia quindi non come ragione o, peggio, come semplice logos, ma come possibilità di attribuire significati alle cose che ci circondano, viste da un punto di vista assolutamente soggettivo. Pascoli fu anche commentatore e critico dell'opera di Dante e diresse inoltre la collana editoriale "Biblioteca dei popoli". Nel 1912 muore a causa di un cancro all'addome a Bologna e viene sepolto nel cimitero di Castelvecchio di Barga.