Chiesa di Santa Cristina, Cesena.

La chiesa medioevale di Santa Cristina si trova a Cesena in contrada Chiaramonti, ma risulta abbandonata già nel XV secolo. La chiesa annessa al convento venne però riedificata nel 1470 e, divenuta parrocchia nel 1612, fu ancora ricostruita nel 1630. Una nuova sistemazione venne condotta nel 1740 da Giovanni Francesco Zondini, che progettò un vano longitudinale con tre altari e volta dipinta, che ricorda un Pantheon in miniatura.
Chiesa di Santa Cristina
A metà del Settecento fu donato alla chiesa il corpo della santa titolare, rinvenuto nelle catacombe romane di San Callisto. Nel 1814 Pio VII sostò a Cesena di ritorno dalla prigionia di Fontainebleau e si impegnò a finanziare la costruzione della nuova chiesa (il palazzo della sua famiglia si trova poco oltre sulla stessa strada). Ricorda Francesco Zarletti: "Giunto il Papa a Roma comise al suo architetto Giuseppe Valadier l'incarico di ricostruire tanto la chiesa che l'abbitazione di questo parroco di S. Cristina prendendone il dissegno dal Panteon di Roma tenendosi a quelle modificazioni che esigeva la località del luogo".
Chiesa di Santa Cristina
I lavori ebbero inizio nel 1816, ma i fondi inviati da Roma furono appena sufficienti per la realizzazione del sotterraneo, un mirabile ambiente circolare coperto da una calotta ribassata. Malgrado il tentativo del pontefice di ridurre la spesa affidando un nuovo progetto a Benedetto Barbieri, il disegno del Valadier, strenuamente difeso dalla nobiltà cesenate, fu condotto a realizzazione con lievissime varianti, grazie a un nuovo finanziamento. I lavori, diretti dallo stesso Barbieri e da Curzio Brunelli, ebbero termine nel 1825, ma il campanile fu costruito solo nel 1894. Già nel 1806 la chiesa aveva perso il titolo parrocchiale, pur rimanendo aperta al culto.
Chiesa di Santa Cristina
Oggi è regolarmente officiata nelle festività e visitabile su richiesta. È stata restaurata a partire dal 1981. L'unico elemento di rilievo della semplice facciata è il portico d'ingresso a colonne doriche, ricavato in un arretramento della parte centrale che consente la visione, dalla strada, della cupola. La trabeazione, che regge lo stemma papa ha il compito di allineare al filo stradale questa originale articolazione di volumi. Il contrasto cromatico fra pietra e laterizio non fu in realtà voluto da Valadier: l'architetto aveva infatti previsto l'intonacatura di tutte le parti murarie, mai realizzata. L'interno è a pianta circolare, coperto da una cupola cassettonata al centro della quale si apre l'occhio della lanterna. Colonne ioniche binate segnano il perimetro e inquadrano le cappelle. Se il Pantheon è l'evidente modello per quanto riguarda la struttura architettonica, il candore assoluto di questo interno è quello del più puro ed elegante neoclassicismo.

Inoltre si pone come l'unica testimonianza di contatti dell'architetto cesenate con la cultura romana, sicuramente insufficiente a giustificare una tradizione che lo vorrebbe addirittura discepolo di Francesco Borromini. L'interno, a pianta longitudinale con volta ribassata, è oggi decorato soltanto nella trabeazione dell'ordine corinzio da un apparato di stucchi. All'altar maggiore, un crocifisso in stucco nero già nella distrutta chiesa di San Crispino e Crispiniano, qui collocato nel 1825. Sotto la mensa, urna seicentesca dorata. Un secondo stemma papale sovrasta l'ingresso alla cappella maggiore. Il tabernacolo originale, realizzato su disegno del Valadier, è stato spostato in sacrestia e sostituito da quello disegnato nel 1956 da Giannetto Malmerendi, autore anche dell'altar maggiore.

La tela che raffigura "I Santi Cristina, Pio Ve Demetrio" è storicamente attribuita (Sassi) alla bottega di Vincenzo Camuccini. La cappella sinistra contiene una tela di Giambattista Razzani con "La Beata Vergine di Costantinopoli, San Francesco Saverio e Sant'Ignazio di Loyola". Nella cappella destra, un modesto "Sant'Antonio da Padova" del cesenate Gabriele Fabbri (1826, Sassi). Sempre sulla destra della cappella maggiore si apre l'ingresso a un ambiente separato nel quale si conservano reliquiari, arredi sacri e due piccole tele con "L'ultima cena" e "La flagellazione di Cristo".