Dedicata alla martire catanese, al pari di altre due chiese attestate a Ravenna in età medioevale, la basilica di Sant'Agata maggiore era situata a Ravenna nell'antica regio Circli, prospiciente il corso dello scomparso fiume Padenna. Mancano sicure notizie sulla sua fondazione, ancora comunque in età tardoantica. Più che la presenza del monogramma del vescovo Petrus (identificato dal Zirardini con Pietro II, 494-519) in un pulvino del colonnato – che può essere un reimpiego postantico –, offre più solido appiglio il richiamo del protostorico ravennate Agnello alla sepoltura del vescovo Giovanni i (477-494), già effigiato sopra la cattedra, e forse identificabile come il fondatore della chiesa.
In ogni caso la muratura dell'abside, che utilizza nella parte superiore i mattoni allungati comuni negli edifici promossi in età giustinianea da Giuliano Argentario, unitamente a tubi fittili nel semicatino, fa pensare ad un completamento della zona presbiteriale nel vi secolo avanzato, forse durante l'episcopato di Agnello (556-569), che qui servì come diacono e fu sepolto. A quest'epoca doveva risalire anche la decorazione musiva del catino absidale, di cui permangono miseri resti leggibili nell'intradosso delle finestre, e che cadde durante il terremoto dell'11 aprile 1688; un fortunoso disegno del padre Cesare Pronti, pubblicato dal Ciampini (1699), ne testimonia l'iconografia, con Cristo assiso su un trono gemmato “a lira” e fiancheggiato da due angeli con baculum in mano, collocati su un prato fiorito. Ancora durante il vi secolo alla fronte della chiesa fu annesso un quadriportico, con loggiato interno, a racchiudere un'area cemeteriale preesistente e ancora intensamente utilizzata fino al XVII secolo.
L'aspetto attuale della chiesa di S. Agata Maggiore si deve in buona parte agli interventi attuati alla fine del quattrocento, quando si mise mano all'innalzamento del pavimento per fare fronte alla subsidenza del terreno, reimpostando l'intero colonnato. Attorno a quello stesso periodo fu probabilmente eliminato anche l'antistante quadriportico, per innalzare l'attuale campanile cilindrico (1560). Altri interventi si ebbero dopo il 1688 (rialzamento dell'abside), all'inizio dell'800, quando venne costruito il robusto arcone di sostegno all'altezza della terza colonna, e aggiunti contrafforti esterni, e ancora nel 1892, quando nello scavo fu esplorato il primitivo livello pavimentale tardoantico, a m. 2,80 sotto l'attuale, estraendo un lacerto dell'originario mosaico pavimentale a motivi fitomorfi, oggi conservato presso il cd.Palazzo di Teodorico.
Nei restauri effettuati da Giuseppe Gerola nel 1913 fu ripulita l'abside dalle suppellettili barocche, e liberata la facciata da una serie di edifici che ne compromettevano la leggibilità, intraprendendo uno scavo del quadriportico e del sepolcreto antistante. Durante gli stessi lavori è stato applicato innanzi all'ingresso l'attuale protiro rinascimentale proveniente dalla vicina S. Nicolò. Danneggiata l'abside durante la ii guerra mondiale, S. Agata ha visto altri restauri nel 1963-64, durante il quale sono state aperte le originali finestre dell'abside, e, su vasta scala, tra il 1979 e il 1989, con il rifacimento del tetto ligneo e della pavimentazione in cotto.
L'interno della chiesa di Ravenna, come oggi si presenta, pur attraverso successive alterazioni e restauri, conserva in buona parte quella che doveva essere l'originaria spazialità dell'edificio tardoantico: la pianta, secondo gli abituali canoni ravennati in Romagna, è di tipo basilicale orientata, a tre navate spartite da arcate poggianti su colonne, con abside poligonale all'esterno e semicircolare internamente.
Le colonne, dieci per lato, sono di materiale vario, sormontate da eterogenei capitelli romani e bizantini, che fanno pensare al ricorso, fin nella fase di v-vi secolo, alla pratica ben attestata a Ravenna del reimpiego, anche se l'assetto attuale risale alla fine del XV secolo, come emerge anche dalla presenza di quattro capitelli rinascimentali, due dei quali datati da un'iscrizione rispettivamente al 1492 e al 1494.
La controfacciata della chiesa e gli angoli adiacenti presentano un interessante lapidario costituito dal materiale emerso durante i lavori alla facciata e gli scavi del sepolcreto: accanto a materiale di età romana, spiccano, sulla sinistra, un interessante sarcofago del vi secolo con simbolo cristologico mediano e a destra frammenti di plutei marmorei paleobizantini (fine V-inizio VI secolo) con pavoni e arieti.
Testimonianza delle origini tardoantiche della basilica è anche il similare pluteo opistografo con faraone a lato di un cristogramma impiegato attualmente come fronte dell'altar maggiore (inizio VI sec.), e il curioso ambone, all'incirca coevo, sulla sinistra del presbiterio, percorso da profonde nicchie verticali e orlato da un kymation lesbico.