La piazza del Popolo di Cesena è costituita da una compatta cortina di edifici storici e monumentali di antico impianto (anche se alcuni rifatti fra Otto e Novecento) con portici a pilastri o colonne e capitelli in pietra. Il fabbricato di maggiori dimensioni, che sorge all'angolo con via Zeffirino Re, ha ospitato fino a pochi anni fa l'antichissimo albergo Leon d'Oro, la cui esistenza a Cesena è documentata fin dal Cinquecento e la cui chiusura costituisce un'ennesima perdita per il patrimonio storico della Romagna.
Sullo stesso lato, poco oltre il termine del portico, la piccola Chiesa dei Santi Anna e Gioacchino costruita per volere della nobildonna Giacoma Fabbri, fu consacrata nel 1664. Il
progetto architettonico spettò a Pier Mattia Angeloni, mentre l'apparato pittorico all'interno, costituito da numerose tele su tre altari, fu affidato a Cristoforo Serra. I modi e i tempi della dispersione degli arredi interni non sono chiari: sicuramente l'ancona dell'altar maggiore passò a San Domenico nel 1820, mentre la tela che essa conteneva, con "I Santi Anna e Gioacchino col Padre Eterno in gloria", è ora nella pinacoteca comunale di Forlì. Una seconda tela, già su un altare laterale, raffigurante "I Santi Filippo Apostolo e Fracesca Romana", si trova oggi nella pinacoteca comunale di Cesena e un "Sant'Apollinare Vescovo e Martire", probabilmente già nella cimasa di un'ancona laterale, è stato inserito nell'ancona trasferita in San Domenico. Tutti gli altri dipinti del ciclo sono andati dispersi.
La facciata, forse la più interessante fra le opere superstiti dell'Angeloni, richiama modelli tardomanieristi.
Inoltre si pone come l'unica testimonianza di contatti dell'architetto cesenate con la cultura romana, sicuramente insufficiente a giustificare una tradizione che lo vorrebbe addirittura discepolo di Francesco Borromini.
L'interno, a pianta longitudinale con volta ribassata, è oggi decorato soltanto nella trabeazione dell'ordine corinzio da un apparato di stucchi. All'altar maggiore, un crocifisso in stucco nero già nella distrutta chiesa di San Crispino e Crispiniano, qui collocato nel 1825. Sotto la mensa, urna seicentesca dorata.